Alberto Farassino
Neorealismo
Cinema italiano 1945-49
All’interno della storia del cinema, il Neorealismo ha rappresentato senza dubbio l’esperienza più autenticamente italiana, in grado di generare un’eco di voci che, dai confini nazionali, si è diffusa nitidamente nel resto del mondo.
A quasi trent’anni dall’uscita della prima edizione del libro, le testimonianze raccolte da Alberto Farassino, uno dei più autorevoli critici del cinema italiano del dopoguerra, conservano la capacità di far emergere non solo l’influenza che questo periodo ha avuto sul mondo del cinema a livello internazionale (attraverso le voci, tra gli altri, di Michael Cimino, Werner Herzog, Andrzej Wajda, Giorgio Strehler), ma anche di ricostruire il contesto storico e culturale entro cui il neorealismo è esploso.
Farassino, infatti, da un lato delinea l’immagine della società, divisa tra la miseria del dopoguerra e il desiderio di rinascita, dall’altro mette a fuoco il sistema dell’industria cinematografica dell’Italia del Neorealismo: soffermandosi sulle prassi produttive, sulle tecniche di realizzazione, sulle modalità di distribuzione e sul rapporto del cinema con la politica del suo tempo.
Prefazione a cura di Tatti Sanguineti.
Alberto Farassino
Nato nel 1944 e scomparso nel 2003, è stato un critico cinematografico e saggista italiano.
Fu collaboratore del quotidiano «La Repubblica» e docente di cinema presso le Università di Trieste e di Pavia.
La sua passione per l’arte cinematografica lo portò negli anni Settanta a essere uno dei punti di riferimento delle attività cinefile di Milano, dove fu lavoratore culturale ed esercente alternativo al Club Nuovo Teatro di Milano prima e al Cineclub Brera poi.
Nell’arco della sua carriera ha anche ricoperto i ruoli di consigliere della Scuola Nazionale di Cinema e, per un breve periodo, di Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.
È stato anche responsabile di festival cinematografici come Riminicinema, Anteprima del cinema indipendente di Bellaria e MystFest di Cattolica.
Fu una vita per il cinema, vissuta da un critico che non fu mai accademico, pesante, noioso; se cominci un suo pezzo lo leggi fino alla fine. Nei suoi pezzi si avverte non solo una tensione etica, civile e spesso didattica, ma anche un conoscere i propri polli, uno stare in campana, un diffidare costante dei conformismi, delle mode, dei luoghi comuni, dei dettami, delle semplificazioni accomodanti.
Tatti Sanguinetti, Scritti strabici, Baldini Castoldi Delai, 2004